7a tappa: (cronometro individuale) Nancy > Nancy 38,5 km
La cronosquadre ha creato alcune differenze, le tappe di Geraardsbergen e Pont-à-Mousson hanno offerto la possibilità di qualche scaramuccia tra i migliori, con alcuni di questi che hanno saputo approfittarne per guadagnare alcuni secondi sui rivali. Il primo grande test della Grande Boucle 2012 è però quello che andrà in scena sulle strade della Lorena: 38 km e mezzo contro il tempo che diranno molto sulle condizioni dei pretendenti alla maglia gialla.
Il via è fissato per le 12.14, quando Sergio Paulinho lascia la rampa di partenza. Non è però il portoghese il primo a far registrare un tempo. Un minuto dopo di lui parte infatti Wilco Kelderman, che in appena 12 km guadagna la scia del corridore della Saxo Bank, per poi passarlo di slancio ed involarsi verso il traguardo, dove fa segnare il tempo di 50' 41''.
Il tempo del baby-olandese, malgrado assalti eccellenti quali quelli di Tuft e Larsson, resiste per quasi un'ora, finché Patrick Gretsch, partito alle 13.07, riesce a far meglio per 12''. Anche il primato del tedesco ha vita discretamente lunga: Boom, Malori, Zabriskie riescono solo ad avvicinarsi, e anche David Millar, a lungo in lizza per la testa provvisoria della classifica, fallisce l'obiettivo per 7''.
Tocca allora a Taylor Phinney attentare alla leadership di Gretsch.
Per almeno metà cronometro, l'americano sembra destinato a demolire i tempi fatti sin qui registrare, facendo registrare il miglior tempo nei primi 3 settori, portando il vantaggio su Gretsch a 40''. Phinney accusa però una flessione tra l'intermedio di Bois-Frouard e l'ultimo intermedio, vedendo il margine ridursi a 27''. Nei chilometri conclusivi, il rush finale di Gretsch rischia di far concretizzare una clamorosa rimonta, che Taylor scongiura però per appena 5''. Con 50'24'', il nuovo tempo di riferimento è quello dell'uomo BMC.
Nessuno riesce a mettere in discussione il primato fino alla partenza di Luis Leon Sanchez, che, transitando all'ultimo intermedio con 17'' di ritardo, lascia ipotizzare di poter scalzare l'americano, ricordando la grande progressione finale di Gretsch. Il finale dell'iberico è però migliore di quello di Phinney, ma lontano da quello del tedesco, rivelandosi buono soltanto per chiudere a 3 miseri secondi dal capoclassifica provvisorio.
L'orario che però più o meno tutti hanno cerchiato è quello delle 14.20: tocca infatti allora a Tony Martin prendere il via.
L'avvio del campione del mondo di specialità promette battaglia: in vetta alla Cote de Butte Sainte-Geneviève, dopo 4 km e mezzo, il tempo è identico a quello di Phinney. Al km 12, sulla Cote d'Amance, Martin è avanti di 3'', prima di finire dietro di 1'' a Bois-Fouard. Quando l'intertempo della Cote du Haut de Lesse vede Tony in vantaggio di 14'', diviene chiaro che l'iridato è destinato ad installarsi in testa alla graduatoria, anche se i 29'' che Martin aggiunge al suo gruzzolo nel finale sono forse oltre le più rosee attese.
Dopo la prova di Tony Martin, il successivo momento da circoletto rosso è rappresentato dalla performance di Samuel Sanchez, il campione uscente.
L'olimpionico di Pechino mira ad una dignitosa difesa nella prova di oggi, prima di sferrare qualche attacco in montagna, magari con la stessa sagacia tattica che dodici mesi fa gli permise di vincere sulle grandi montagne un Tour in cui non era probabilmente il più forte in salita. La missione può dirsi tutto sommato compiuta per lo spagnolo, che accusa alla fine 1'41'' da Martin: abbastanza per limitare sufficientemente i danni dagli specialisti e per mettere qualcosa da parte nei confronti degli scalatori più puri.
Pochi minuti più tardi, è la volta di un altro uomo che punta all'alta classifica, quale Denis Menchov. Il russo parte alla grande, cedendo soltanto 21'' a Martin nei primi due tratti. Come però Phinney prima di lui, il vincitore del Giro 2009 sottovaluta probabilmente la difficoltà della fase finale del percorso, abbagliato dalle due salite nei primi chilometri. Al traguardo, il suo distacco è comunque discretamente contenuto, assestandosi a 1'30''.
Subito dopo Menchov, è Michele Scarponi a partire. Il marchigiano deve tentare anche di prevalere nelle gerarchie interne di casa Lampre, dopo che Cunego ha chiuso la sua prova con un tempo superiore a quello di Tony Martin di 2'55''. Scarponi adotta un atteggiamento tattico opposto a quello di Menchov: partenza piuttosto contenuta e finale in crescendo, con un tempo sull'ultima cote che a fine giornata sarà il quarto migliore. Il ritardo di Scarponi all'arrivo è di 2'29'': più o meno in linea con le attese della vigilia, e abbastanza per rafforzare - in attesa che indicazioni più precise giungano dalle grandi salite - il proprio status di capitano.
Tra Martin e il successo di tappa si pone quindi uno specialista delle prove contro il tempo: Tejay Van Garderen.
La prova del giovane americano è sostanzialmente una fotocopia di quella di Martin, ma con qualche secondo concesso in ogni settore: 3'' al primo rilevamento, 7'' al secondo, 14'' al terzo. Il divario cala lievemente sulla terza ascesa, che vede lo statunitense portarsi a 12'' dal leader, ma il finale mostruoso del tedesco fa sì che il gap torni a crescere nei chilometri conclusivi: 26'' alla fine, buono comunque per un'eccellente seconda piazza momentanea.
Kern, Cobo e Valverde si assestano, rispettivamente, a 2'06'', 2'34'' e 2'43'' dal leader, ma è sul tempo di Fabian Cancellara si concentrano gli occhi di tutti. Il più grande cronoman del ciclismo moderno accusa un passivo sorprendente nel tratto compreso tra la partenza e il secondo rilevamento, finendo a 20'' da Martin. Il trend cambia drasticamente da lì in avanti, ma il disavanzo creatosi non può essere colmato nel tratto rimanente di cronometro: pur essendo l'unico a tenere il passo del tedesco negli ultimi due settori - anzi facendo anche leggermente meglio -, l'elvetico è costretto ad accontentarsi del secondo posto, staccato di 19''.
Dopo la prova dell'ex iridato di specialità, fondamentale ai fini del discorso successo parziale, torna protagonista la classifica generale, con la partenza di Joaquim Rodriguez.
Purito, fresco di Giro d'Italia sfiorato, mira a restare sugli stessi livelli in Francia, ma la prova di oggi rischia di costringerlo a correre all'assalto nei giorni a venire, ammesso che già non fosse quello il piano tattico. Come era del resto ampiamente pronosticabile, il fardello con cui JRo esce dalla crono è piuttosto pesante: 2'50'' da Tony Martin, e verosimilmente qualcosa di simile dai migliori uomini di classifica, complice un problema al cambio che non obbliga Purito allo stop, ma che gli fa perdere qualche secondo in vista della flame rouge.
Dopo l'iberico, è la volta di una serie di uomini di medio-alta classifica e outsider, di difficile collocazione in un Tour privo dei fari di Contador e Schleck. Rolland e Basso chiudono quasi appaiati (2'46'' contro 2'45''), De Gendt li batte decisamente (+1'42''), Kruijswijk fa ancora meglio (+1'24''). Dopo una buona prova di Kessiakoff (+1'19''), i riflettori si accendono quindi sulla discesa in strada di Vincenzo Nibali.
Lo Squalo dovrà sulla carta difendersi, anche se il tracciato piuttosto nervoso potrebbe favorirlo. Il siciliano dimostra subito di gradire, transitando al primo intermedio a soli 6'' da Martin, e al secondo con soli 18'' di ritardo. Il divario finisce inevitabilmente per dilatarsi nella seconda parte di gara, complice un profilo altimetrico più consono ad uno specialista come il teutonico, ma il minuto e 19 secondi di ritardo con cui il leader Liquigas taglia il traguardo autorizza i tifosi italiani a sperare per le tante montagne a venire, già a partire da domani.
Immediatamente dopo Nibali, è la volta di un altro uomo atteso alla sfida delle grandi salite: Robert Gesink, capitano Rabobank.
L'olandese parte a razzo, arrivando al secondo intertempo con distacco identico, al netto di qualche centesimo a favore dell'avversario, a quello di Nibali. Come preventivabile, la pedalata non resta così incisiva fin sul traguardo, ma il distacco è comunque accettabile, e probabilmente minore di quanto temessero i tulipani: 1'49''. Non un'inezia, ma ancora più che buono per poter pensare, a suon di attacchi in montagna, di scalare la classifica sino alle piazze più ambite.
Dopo le discrete performance del duo Astana composto da Kreuizger e Brajkovic (1'40'' per il ceco, 1'24'' per lo sloveno), è la volta di un altro nome che molti includono tra i papabili ad un posto sul podio: Jurgen Van den Broeck.
A differenza di Nibali e Gesink, il belga imposta una gara a trazione posteriore, dando il meglio nella fase finale. Forse la strategia non è azzeccatissima, o forse semplicemente VdB non può dare più di così a cronometro; i 2'18'' che il capitano della Lotto Belisol paga al traguardo sono però forse più di quanto lui e i suoi auspicassero, pur tenendolo pienamente in corsa per le zone che contano della classifica.
Lievemente meglio di VdB fa Vinokourov, che paga 2'05'', mentre Leipheimer, che pure rende al leader solo 1'33'', non sfrutta forse appieno la chance di guadagnare terreno su alcuni pericolosi rivali di classifica. Una prestazione non troppo dissimile viene quindi offerta da Andreas Kloden, che chiude a 1'36'' da Martin, mentre Tom Danielson scivola a 2'25''. Fuglsang taglia a 1'58'', quasi imitato da Vande Velde (+2'00'') e Hesjedal (+1'49'').
To be continued...