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Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 02/07/2014, 19:12
da Gigilasegaperenne
(Da leggere immaginandosi la parlata di Buffa)

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La storia dello sport è colma di personaggi che sono diventati grandi partendo dal nulla; personaggi che, a partire da radici povere, o nati con uno svantaggio da colmare rispetto ad altri, hanno saputo edificare, mattone su mattone, anno dopo anno, una carriera da leggenda.



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*La musica sfuma*

Ma questa non è una di quelle storie. La nostra è la storia di un ragazzo normale - almeno apparentemente -. Normale è la sua famiglia, normale è la sua infanzia, e normale è anche la sua vita, perlomeno fino al 9 ottobre del 1999. Sono passati poco più di quattro mesi da quel 5 giugno in cui l'Italia intera è stata stordita, un sabato mattina come tanti, dallo scoppio di una delle più scioccanti controversie legate al doping della nostra storia: Marco Pantani, il Pirata, avviato alla conquista del secondo Giro d'Italia consecutivo, è stato fermato. Ematocrito alto.
Il tempo di un'estate, e l'intero Paese si convince di aver trovato il suo erede: a 18 anni, Damiano Cunego diventa campione del mondo junior.


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Ma per raccontare questa storia, dobbiamo partire dall'inizio.
Il signor Cunego è sterile - o almeno, questo è quello che si è sentito dire da un andrologo. Un andrologo che, però, si sbaglia. E' QUASI sterile. Non del tutto. Possiede infatti - unico caso documentato al mondo - un solo spermatozoo. Quello spermatozoo, dopo aver coperto in oltre sedici settimane la distanza che lo separa dall'ovulo, e dopo essersi sviluppato per due anni e otto mesi nel ventre della signora Cunego, diventerà il più chiacchierato corridore italiano dell'ultimo decennio. Corridore vivo, quanto meno.


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La storia di Damiano sta già sfidando la logica: successive analisi dimostreranno che quello spermatozoo, se fosse appartenuto ad un uomo di media fertilità, avrebbe avuto una chance di successo soltanto se l'uomo in questione fosse stato un rampollo di un'altra famiglia veneta.

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Se andate a cercare la data di nascita di Damiano, trovate indicato il 19 settembre 1981. Ma la data non è veramente quella. O meglio, non l'unica. 19 è la media di 13 e 25, cioè i giorni di inizio e fine del parto. In tutto, l'estrazione del piccolo Damiano richiederà 287 ore. La signora Cunego non sarà mai più la stessa.

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Damiano si rende già eccezionale all'età di quattro anni, ossia quando, con leggero ritardo sulle normali tabelle di marcia, pronuncia la sua prima parola. Non si tratta però di una singola parola, ma di un'intera frase di senso compiuto. Se gli altri bambini cominciano con "mamma" o "papà", lui punta già più in alto. Biascicando qualche sillaba, sussurra alla madre: "Aspetto la terza settimana".
Altri due anni, e il piccolo Damiano inizia ad andare a scuola. La sua vita segue la routine di tanti coetanei, e come tanti coetanei viene accompagnato dai genitori fino alla porta dell'istituto, la Scuola Elementare Luigi Malabrocca di Cerro Veronese.
Ma una mattina di scuola come tante, Damiano scopre il grande amore della sua vita: la bicicletta. Dopo settimane di insistenza, i genitori gli permettono di andare a scuola autonomamente. Tutto procede per il meglio, fino a quando il piccolo non incontra quello che diventerà - negli anni - uno dei suoi incubi ricorrenti.


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Si tratta di un dosso anti-velocità. Damiano ancora non ha idea di quanti sogni di gloria si infrangeranno su asperità analoghe.
Quando Damiano arriva a scuola, sono le 8.55: le lezioni iniziavano 25 minuti prima. Il piccolo Cunego sa che dovrà fornire una giustificazione. Ma quando entra in aula, ha una sorpresa: ne servono due. Una per il ritardo del giorno, e una per l'assenza di quello prima. Per coprire quei 2 km e mezzo da casa a scuola, Damiano ha impiegato 25 ore e 45 minuti.
Incredibile.
Eppure, in quel giorno e spiccioli di bicicletta, Damiano ha già capito che su quei pedali vuole passare il resto della sua vita.


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Damiano decide di cominciare a gareggiare. Ma fino ai 16 anni, è un'agonia. Damiano obbliga gli organizzatori delle corse giovanili ad introdurre una misura che fino ad allora era sempre stata riservata alle corse professionistiche: il tempo massimo. Nelle gare in cui non è previsto, Cunego fa lievitare la durata delle corse a tempi inaccettabili. Giovanni Soldini dirà di lui: "Quando dovevo passare mesi in mezzo all'oceano e mi sentivo solo, pensavo a quanto tempo impiegava Damiano a completare una tappa, e mi consolavo".



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*La musica sfuma*

Poi, a 16 anni, la svolta: di punto in bianco, Damiano comincia a vincere. Vince, vince, e quando ha finito di vincere, vince ancora. Sembra inarrestabile. Perfino in salita, dove gli organizzatori erano costretti ad incoraggiare gli spettatori a spingerlo, per evitare che cominciasse a scendere e causasse incidenti, diventa dominante. Nessuno sa spiegarsi perché. Beh, QUASI nessuno.

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Vittoria dopo vittoria, Damiano si consacra: a Verona, nel 1999, diventa a tutti gli effetti l'astro nascente del ciclismo italiano, e nel 2001, quando annuncia l'intenzione di passare professionista, quella che si scatena per lui è una battaglia all'ultimo sangue. Alla fine, ad accaparrarselo è la Saeco, guidata - guarda caso - da Giuseppe Martinelli, l'uomo che guidò dall'ammiraglia il Pirata a tutti i suoi trionfi. Il destino ha già cominciato a giocare con la sorte di Damiano.
La prima stagione, il 2002, è di studio: vince solo il Giro d'Oro e il Giro del Medio Brenta, e non partecipa a nessuna grande corsa a tappe.
Ma già il 2003 segna una svolta. Vince una tappa e la classifica finale del Giro del Qinghai Lake, dopo aver piegato, al termine di un titanico duello, l'iraniano Ghader Mizbani, l'uomo che, con 3 secondi posti e 0 vittorie nella corsa cinese, venne soprannominato "Il Poulidor africano" da tutti quelli che credono che l'Iran si trovi in Africa.
Intanto, Damiano partecipa al suo primo Giro d'Italia. Conclude 34°, mettendosi al servizio del vincitore finale di quella edizione: Gilberto Simoni. Tra i due, negli anni, nasceranno controversie, ma scorrerà sempre grande rispetto reciproco. Secondo qualche maligno, anche qualcosa di più.


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Iniziano già a sprecarsi i paragoni con i grandi del passato: alcuni rivedono in lui l'esplosività di Beppe Saronni, altri la completezza di Bernard Hinault. Alcuni acuti osservatori varcano addirittura i confini del ciclismo, riconoscendo in lui la determinazione e lo spirito di sacrificio di Alvaro Recoba. Ma il paragone più gettonato è un altro: quando Damiano si alza sui pedali, in salita, e scatta di fronte ad avversari che sono già a tutta, gli appassionati rivedono Marco Pantani.

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Il pubblico, specie dopo i segnali di ripresa offerti da Marco al Giro 2003, spera di vederli duellare spalla a spalla sulle strade rosa, nel 2004. Non accadrà mai.
Il 14 febbraio 2004, Marco Pantani origlia una conversazione che avviene nella stanza accanto del residence "Le Rose" di Rimini, dove alloggia. Un uomo a lui sconosciuto dice ad un amico: "Forte, quel Cunego... mi ricorda Pantani". Poche ore più tardi, il Pirata si toglierà la vita.




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Ma Damiano non ha tempo per le lacrime, è già ora di pensare al Giro. Avvicinandosi al grande appuntamento, stravince il Giro del Trentino, e si presenta al via di Genova condividendo i gradi di capitano con Gilberto Simoni. Ma la concorrenza, in quel Giro, è feroce.
L'uomo più atteso è il compagno di squadra di Damiano, nonché campione uscente. E' considerato da molti il più forte scalatore puro del mondo. Lance Armstrong, all'epoca uomo faro del ciclismo mondiale, disse di lui: "Ma chi, quello che allenava l'Inter?".
Poi c'è Serhij Honchar, uno dei più forti cronomen del mondo. Miguel Indurain, vedendolo pedalare, ebbe a dire: "Se avessi avuto il suo talento, sarei finito a fare l'aiuto fornaio".
Poi c'è Stefano Garzelli, cresciuto alla corte del Pirata, dal quale ha imparato soprattutto la raffinata arte di bandire qualsiasi parvenza di pelo dal capo. Sulle altre doti, ci sta lavorando.
Ma quello che fa più paura di tutti, a detta degli esperti, è Yaroslav Popovych, in predicato di diventare delfino di Lance Armstrong alla Discovery Channel. E' forte a cronometro, forte in salita, e dispone di risorse non convenzionali: poche settimane prima del Giro, è giunto secondo agli Europei di loffa in ascensore, appena alle spalle di una leggenda della disciplina.


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Il Giro comincia con il botto. Damiano conquista la seconda tappa, a Pontremoli, ed è secondo, due giorni dopo, a Corno alle Scale, a 15'' da Simoni. Il vecchio capitano sembra pronto a riprendersi i gradi, ma il settimo giorno, il Giro fa tappa su uno dei suoi traguardi simbolo: Montevergine di Mercogliano. Secondo un recente studio dell'Università di Cambridge, nessuna ascesa ha mai provocato lo stesso flusso globale di bestemmie di Montevergine. La rivista Life ha incluso la sua regolare presenza nel percorso del Giro il secondo mistero più oscuro del mondo contemporaneo, subito dopo l'identità dei santi in Paradiso di Alessandra De Stefano.
E proprio lì, a Montevergine, Damiano si regala la prima maglia rosa della carriera.


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Ma il Giro è ancora lungo, ed è una sfida per uomini veri. Il tracciato è di quelli che non lasciano scampo: basti pensare che Alessandro Petacchi vincerà 9 tappe, e altre due andranno a Fred Rodriguez, padre della nota showgirl Belen Rodriguez, e Robbie McEwen. La selezione è talmente feroce che Bradley McGee è presenza stabile nella top 10.
Damiano difende la maglia fino alla 12a tappa, ma nella crono di Trieste è costretto a cederla a Popovych, in una tappa vinta da Honchar. Indovinate chi, sei anni prima, aveva accusato minuti in una cronometro a Trieste, vedendo apparentemente sfumare il sogno rosa? Sì, proprio lui: il Pirata.
Dopo altre due vittorie di Petacchi, si arriva ai piedi delle Dolomiti. Si va da San Vendemiano, protettore dei centravanti brasiliani, a Falzes, attraverso quattro passi.
Nelle battute iniziali, la Saeco manda in fuga due uomini. Popovych, con quell'acume tattico che giustificherà l'appellativo di "Max Allegri del pedale", lascia fare.
La Storia bussa alla porta di Damiano sulle rampe del Passo Furcia. Dopo uno scatto infruttuoso di Simoni, ci prova lui, e la leggenda comincia a srotolarsi davanti agli occhi di spettatori increduli. Il vantaggio di Damiano continua a lievitare, malgrado dietro si coalizzino camosci del calibro di Cioni e Valjavec.
Nel tratto di fondovalle, sono Mazzoleni e Tonti a fargli da angeli custodi, prima che Damiano spieghi di nuovo le ali sul Terento. Il prestigio dell'ascesa è coerente con la portata dell'impresa. Damiano fende la folla come Mosè, personaggio di un vendutissimo fantasy in cui figura anche uno dei membri del gruppo maglia rosa, Andrea Noè.
A Falzes, Cunego trionfa in solitaria, alla maniera dei grandi. E se il valore di un'impresa si misura anche dai rivali sconfitti, quella di Damiano entra dritta nella leggenda: il migliore degli uomini di classifica, dopo di lui, è colui che per anni ha fatto sognare la maglia rosa al Sud Italia, il Pantani del Mezzogiorno, la risposta campana a Michele Bartoli. Si parla - ovviamente - di Giuliano Figueras.
Il resto del Giro, per Damiano è accademia: gestisce senza difficoltà le sfuriate di un Simoni frustrato, e a Milano sfila in rosa davanti a Honchar e al vecchio leone ferito. A certificare il significato dell'evento provvede il patron del Giro, Carmine Castellano: dopo aver visto Cunego in maglia rosa, decide di chiudere la sua più che decennale esperienza da direttore.


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Il resto del 2004 prosegue sulla stessa falsa riga, e alla fine dell'anno Damiano conta qualcosa come diciotto vittorie. Non solo, ma se andate a spulciare il suo palmares, in quella stagione trovate anche una vittoria all'apparenza minore, ma che testimonia come il destino non abbia ancora smesso di divertirsi con Damiano: il Memorial Marco Pantani, prima edizione. Incredibile.
Ma la più bella vittoria di quella magica annata - Giro a parte - è la prima su strade che diventeranno terreno di conquista abituale per il veronese: quelle del Giro di Lombardia. Sul traguardo di Como, Damiano piega in una volata ristretta tre giganti dello sprint: Michael Boogerd, Ivan Basso e Cadel Evans. Basterebbe questo, per parlare di impresa, ma a far venire i brividi sono i nomi dei corridori che quei quattro si lasciarono alle spalle. A titolo di esempio: il quinto... fu Daniele Nardello.
Alla fine dell'anno, Damiano è ovviamente in vetta all'UCI Road World Rankings. Se stessimo parlando di tennis, Damiano sarebbe il numero uno del mondo. Al termine di quell'anno, la graduatoria sarà abolita.




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Ma è ora, nel momento di massimo splendore, che la favola del Principe di Cerro Veronese comincia a trasformarsi in tragedia sportiva. Tra il 2004 e il 2005, Damiano contrae la mononucleosi. Si dice che sia la malattia dell'amore, ma anche qui la vicenda di Cunego sfida la logica: Damiano è ancora vergine. Quando il medico della squadra gli chiede da chi possa aver preso la malattia, Damiano non capisce. Ogni tentativo di spiegargli come può trasmettersi la mononucleosi risulta vano. Damiano continua a domandare dove si collochi la cicogna in tutto questo. Il British Medical Journal piazzerà la mononucleosi di Cunego al secondo posto nella lista dei dieci casi clinici più inspiegabili di tutti i tempi. Il numero uno... che ve lo dico a fare.

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Il 2005 di Damiano comincia male, ma al Giro d'Italia si presenta comunque tra i favoriti. E' due volte secondo, a Giffoni e Pistoia. Nel secondo caso, alza pure le braccia, ignaro della presenza di Koldo Gil in fuga. L'indomani, i giornali non parlano che di Damiano. Per lui, scomodano Dostoevskij.

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A cronometro perde tanto, ma è tutto nella norma. Il giorno del dramma, invece, è quello di Zoldo Alto, prima frazione dolomitica. Damiano perde 6 minuti, e da lì in avanti sarà costretto a correre come gregario di Simoni. Il trentino chiuderà quel Giro al secondo posto, a 28'' da Savoldelli, ma riconoscerà il valore del contributo di Damiano: "Se avessi avuto un gregario qualunque, invece di Damiano, avrei vinto in ciabatte".
Il 2006 sembra poter essere, però, l'anno della rinascita. Damiano si presenta al Giro d'Italia dopo essere salito sul podio alla Liegi-Bastogne-Liegi, e avendo vinto il Giro del Trentino, proprio come due anni prima. Sulla sua strada, trova il solito Simoni, passato alla Saunier-Duval, e Ivan Basso. Soprattutto, trova uno dei percorsi più duri della storia del Giro. Dopo i primi segnali, arrivati nel 2005, il Giro ha infatti preso definitivamente una svolta sanguinaria, con tracciati sempre più orientati alla distruzione fisica dei concorrenti. E se pensate che stia enfatizzando troppo, non conoscete il direttore di quell'epoca.


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Damiano non va male, ma Basso mette subito in chiaro chi è il padrone del Giro. Ai piedi delle Alpi, Damiano ha già 7' di ritardo in classifica. Di fronte al tracciato preparato da Angelo Zomegnan, Damiano sembra terrorizzato. Non scatta mai. Pensa solo a difendersi, e lo fa male. A Milano, sarà 4°, ma a 18 minuti dal vincitore.
Nello scetticismo generale, si presenta al via anche al Tour de France. Sembra una follia. Ma la concorrenza è di quelle che gasano Damiano. Con Ullrich, Basso, Vinokourov e quasi tutta la pattuglia spagnola fuori gioco per l'Operacion Puerto, i favoriti diventano Floyd Landis, Denis Menchov, Levi Leipheimer e Andreas Kloden. Soprattutto, in gruppo c'è l'erede naturale di Bernard Hinault. Letteralmente.


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Damiano, nonostante quel parterre, comincia male. Nella tappa di Pla de Beret, prende 10 minuti. Sulle Alpi, però, sembra un altro. Sfiora la vittoria sull'Alpe d'Huez, battuto solo da Frank Schleck, che per aver battuto Damiano riceverà le chiavi della stazione sciistica. La maglia bianca di miglior giovane comincia a sembrare un obiettivo tangibile, nonostante a vestirla sia un mostro sacro del pedale come Markus Fothen. Il duello fra i due è titanico. Una grande firma ciclistica di Tuttosport paragona la sfida tra i due a quella tra Coppi e Koblet al Giro del 1953. Dopo quella uscita, finirà al Processo alla Tappa.

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Il duello finale ha come scenario i 56 km a cronometro tra Le Creusot e Montceau-les-Mines. Sembra una sfida da Far West, da film di Sergio Leone. E ancora una volta, il destino offre il solito incrocio: l'ultima crono del Tour del 1998 era quasi identica, ma al contrario. E anche allora, era un minuto scalatore italiano a doversi difendere da uno specialista tedesco. Che sia una coincidenza, ormai, non ci crede nessuno.
E proprio come otto anni prima, e come quasi sempre nella storia dello sport negli incroci fra questi due paesi, vinciamo noi. Damiano compie l'impresa. Dopo quattro anni, la maglia bianca torna in Italia. E non credo ci sia bisogno di dirvi chi - per ben due volte - l'aveva conquistata a metà degli anni '90. Gli dei delle due ruote stanno esagerando.
Sembra il preludio ad un ritorno al vertice, e invece sono gli ultimi fuochi. Nel 2007, vince ancora il Giro del Trentino, ma al Giro d'Italia è solo 5°. Forse perché aspetta la terza settimana, ma tutte le montagne sono nella seconda. L'unica gioia è il Giro di Lombardia, a fine stagione.
L'ultimo barlume di speranza si accende nel 2008: trionfa all'Amstel Gold Race, decidendo poi di puntare tutto sul Tour de France, saltando il Giro. La sua rimonta sulla salita di Hautacam fu etichettata da una mitica voce del giornalismo televisivo italiano come una delle più belle azioni della storia recente della bicicletta. Si riferiva alla risalita da 4 minuti e mezzo a 4 minuti di distacco dal gruppo maglia gialla. Oggi, quella voce è tornata ad entusiasmare gli appassionati di carambola.


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Damiano si ritirerà dopo la 18a tappa. Ma il suo 2008 ha ancora qualcosa da dire. A Varese, insieme al resto di una delle nazionali italiane più forti di sempre, magistralmente diretta da Franco Ballerini, domina il Campionato del Mondo. Alla fine è 2°, alle spalle di Alessandro Ballan, suo compagno. Dimostrando una volta di più la sua titanica statura morale, Damiano si incazza come una iena.
La rivincita arriva poche settimane dopo, con la conquista del terzo Giro di Lombardia. Ancora una volta, sono i grandi nomi a ridare i giusti stimoli a Damiano: è lui a dominare un podio regale, completato da Brajkovic e da un 21enne Uran.
Nel 2009, il grande obiettivo è il Mondiale di Mendrisio, da leader di un'Italia priva di Bettini. Prima, però, c'è un Giro del Centenario da onorare. Damiano si segnala nella tappa dell'Alpe di Siusi, in cui riesce addirittura a staccare Lance Armstrong. Solo quattro anni prima, sarebbe stata leggenda. Quella volta, è un 32° posto, a 2'39'' da Menchov. Alla fine, sarà 18°, a 28 minuti dal russo.
Al Campionato del Mondo, Damiano arriva forte di due successi di tappa alla Vuelta, ed è per molti l'uomo da battere, insieme a Valverde, spagnolo che coniuga l'attività di corridore con la produzione di calzature. Il duello si materializza all'ultimo giro, e Damiano la spunta da campione. Sfortunatamente, sette carneadi si frappongono fra lui e l'iride.
L'esperienza di Cunego capitano unico segnerà profondamente la storia del ciclismo italiano. Franco Ballerini, uno dei commissari tecnici più vincenti della nostra storia, afferma di essere pronto a tutto pur di evitare di rivivere un pomeriggio simile.


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Quella che segue è una storia che avrebbe scaldato il cuore del barone Pierre de Coubertin, il leggendario inventore delle Olimpiadi moderne. "L'importante non è vincere, ma partecipare", diceva lui. E Damiano lo prende alla lettera: partecipa, partecipa, partecipa tantissimo. Di vincere, non se ne parla.
Dal 2010 ad oggi, Damiano ha vinto 5 corse, tra cui quattro gare minori italiane. Ma - come avrebbe detto The Voice - lo ha fatto a modo suo. Doping free.
In un ciclismo martoriato dal flagello del doping, Damiano è una mosca bianca. L'idea di barare lo ripugna. Sceglie apposta di rimanere in una squadra di specchiata moralità come la Lampre, tenutasi sempre alla larga da qualsiasi controversia, perlomeno al di fuori della provincia di Mantova. Non fa mistero di quell'ematocrito naturalmente alto, oltre il 50, abbassatosi a 34 soltanto per un giorno, al Gran Premio Costa degli Etruschi. Un altro mistero. E pazienza se oggi la carriera di Damiano è al crepuscolo, e corridori più giovani gli stanno strappando il proscenio. Damiano resterà sempre un signore della bicicletta. La vittoria più bella - diceva sempre mio padre - è quella che lasci al prossimo. E di vittorie, Damiano, ne ha lasciate come nessuno.


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*Sigla*

Nella stagione invernale, Damiano ha lavorato anche come inviato per la trasmissione sportiva "Quelli che il calcio...", seguendo la Juventus, la sua squadra del cuore. Anche in veste di cronista, Damiano riuscì a trasferire un po' della sua magia alla squadra. Lavorò per due stagioni. Per i bianconeri, furono due settimi posti.

Le gesta di Cunego sono entrate nell'immaginario collettivo, al punto da cambiare il nostro modo di parlare. Il duello con Fothen del 2006, in particolare, viene indirettamente richiamato dalla parlata di tutti i giorni. Se oggi l'espressione "fottere qualcuno" ha il significato che tutti conoscete, lo si deve a Damiano.

La fama di Damiano si è allargata all'estero, e - ironicamente - il paese extra-italiano in cui risulta più popolare è proprio la Germania. Secondo la Bild, è il terzo italiano più famoso nei Länder, dopo Bud Spencer e Terrence Hill, e anche la lingua tedesca non ha potuto fare a meno di assorbire l'impatto del fuoriclasse veronese. La traduzione tedesca di "re", "könig", deriva proprio dal cognome di Damiano.

Per l'onta della sconfitta subita da Damiano nel 2004, Serhij Honchar sprofondò nel tunnel dell'alcol. Nel 2006, cambiò anche nome. Tre anni più tardi, mentre giaceva in stato di semi-incoscienza su un marciapiede, in mezzo a buste e cartoni di pizza vuoti, venne riconosciuto, a dispetto dei molti capelli in meno e delle tante rughe in più, da un giornalista mantovano, in predicato di passare dalla telecronaca alla direzione della redazione sportiva Rai. La compassione di quel giornalista lo spinse ad offrirgli un ruolo nella programmazione ciclistica delle reti pubbliche. Gli effetti dell'alcol e le origini straniere sono chiaramente avvertibili nella sua parlata. Oggi, Serhij si fa chiamare "Gigi".

Credits: Mathieu La Sègue, Alexis Hemme Méas

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 17:52
da Gigilasegaperenne
Astenersi persone molto sensibili zizi

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 17:59
da Lory94ITA
Mathieu La Sègue ha scritto:Astenersi persone molto sensibili zizi
Non vale scriverlo alla fine :24:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 18:00
da emmea90
Ringraziamo CR per averci dato l'idea e fatto scoccare la scintilla di pazzia |ghirar

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 18:11
da alluddha
Fothen :24: :24: :24:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 18:16
da young
Devo dire che senza quella fastidiosissima musica di sottofondo i racconti di Buffa aumentano ancora più di valore RULES

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 18:41
da BubbaDJ
Arriva anche la conferma! Ci sarà una versione letta da me, un po' più stringata per renderla fruibile al grande pubblico :24:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 19:04
da nasdon33
:ahah:

Però Nardello non era il primo che passava di lì... |oes

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 19:11
da IgiGaul
:ave: :ave:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 19:13
da elfede98
F-A-N-T-A-S-T-I-C-A :ave: :ave:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 20:15
da ErLibano
troppo tardi per dire di astenersi :asd:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 20:34
da KenianoBianco96
Grande Damiano orgoglio della mia Verona, resterai sempre il numero uno e quest'anno il Tour parlerà solo di te, il più grande. Lo mando in fuga ogni giorno zizi

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 21:33
da gimox97
:ahah:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 03/07/2014, 22:24
da zagor92
:24: :24: :ahah: :ahah:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 04/07/2014, 8:22
da ian
|pap2 |pap2 |pap2
Però qui si sta riscrivendo il concetto di sparare sulla Croce Rossa :65: :beer:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 04/07/2014, 9:23
da Lui98
Bellissima, Cunego vs Fothen il duello titanico |pap2
Bravo Gigi :ave:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 04/07/2014, 15:21
da FrancescoGrassi
spettacolo :ahah:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 04/07/2014, 15:30
da emmea90
Luigi Caputo ha scritto:Bellissima, Cunego vs Fothen il duello titanico |pap2
Bravo Gigi :ave:
Guarda che l'abbiamo fatta in due :@#$%:

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 04/07/2014, 19:18
da KenianoBianco96
Se facessero il video gli Autogol con queste parole, verrebbe fuori qualcosa di fantastico! R&R

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 04/07/2014, 19:51
da Lui98
Alexis Hemme Méas ha scritto:
Luigi Caputo ha scritto:Bellissima, Cunego vs Fothen il duello titanico |pap2
Bravo Gigi :ave:
Guarda che l'abbiamo fatta in due :@#$%:
Allora bravi tutti e due clap :D

Re: Federico Buffa racconta: Damiano Cunego

Inviato: 06/07/2014, 18:42
da Andrepg
|pap2